Politica economica fascista

Per politica economica fascista si fa riferimento alle ideologie e politiche economiche di movimenti e regimi comunemente identificati come fascisti, che si affermarono in Europa, e in particolare in Italia e Germania, nel periodo tra le due guerre mondiali. Dopo la Prima guerra mondiale si diffusero in Europa forti tensioni sociali e politiche. Il fascismo italiano e il nazionalsocialismo tedesco, reagendo alle tensioni dell'epoca, non ebbero una politica economica coerente e simile tra loro; tuttavia condivisero alcuni aspetti di fondo. Essi mettevano al centro dei loro obiettivi politici la grandezza nazionale, per cui lo sviluppo economico era considerato come un mezzo e non un fine in sé stesso. Intendevano perseguire, nel caso dell'Italia, una rapida modernizzazione economica; nel caso della Germania un rapido risanamento economico e un veloce riarmo.

Entrambi professavano un nuovo ordine sociale, basato sul dirigismo economico statale, per limitare l'autonomia del capitalismo e stabilire nuove relazioni sociali di reciprocità nei sistemi produttivi. I due movimenti furono ispirati dalle riflessioni teoriche di piccoli gruppi di intellettuali, ma quando assunsero il potere, le idee e gli esponenti più radicali vennero rapidamente marginalizzati. La politica economica fu condotta in maniera pragmatica per perseguire gli obiettivi politici di crescita, occupazione, relativa autosufficienza, riarmo e conquista. Le teorie economiche furono soprattutto un espediente retorico per cercare consenso pubblico. La crescita economica, sia nel caso dell'Italia ma soprattutto nel caso della Germania, fu alimentata dall'espansionismo politico, economico e poi militare.


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